martedì 12 luglio 2011

Disponibile il volume "Quando il medico parla arabo"

Non è semplice intraprendere un percorso di integrazione in un paese straniero, soprattutto per quanti fuggono dal proprio paese in seguito a persecuzioni o guerre, senza un’adeguata pianificazione del proprio percorso migratorio. Ancor più complesso è riuscire ad avvalersi di saperi e di competenze acquisite nel paese d’origine. Troppo spesso gli ostacoli che si incontrano in questo cammino – unitamente alla struttura del sistema economico del paese di accoglienza – danno vita  a forme di inclusione che ricalcano schemi ghettizzanti e gerarchici, relegando i migranti nei settori e nelle mansioni più dequalificati e marginali del mondo del lavoro.
Quando il medico parla arabo indaga una questione che riveste un ruolo centrale in questo processo: il riconoscimento di titoli di studio e qualifiche professionali dei titolari di protezione internazionale. A partire dall’interlocuzione con i diversi stakeholders, dall’analisi della normativa in vigore, da una ricognizione dei diritti esigibili e delle prassi internazionali in materia, la ricerca evidenzia criticità e ostacoli che si frappongono alla realizzazione del percorso di riconoscimento, avanzando ipotesi operative relative alle possibili soluzioni da implementare; piccoli passi che potrebbero contribuire al raggiungimento dell’obiettivo più importante: la strutturazione di un sistema integrato che consenta ai titolari di protezione internazionale di accedere ad una reale e piena integrazione lavorativa, economica e – a conti fatti – sociale.

Il volume è disponibile presso la casa editrice Sviluppolocale e sarà presto disponibile per il download sul sito http://www.sviluppolocaleedizioni.org/


E' intoltre disponibile il Vademecum per il riconoscimento dei titoli di studio dei titolati di protezione internazionale. Clicca qui per scaricarlo.

giovedì 7 luglio 2011

I materiali della conferenza finale

La conferenza del 30 giugno "Quando il medico parla arabo" ha visto la partecipazione di una platea informata e interessata, ed è risultata una preziosa occasione di scambio e arricchimento tra gli attori territoriali.
Ringraziando i relatori e tutti coloro che sono intervenuti, pubblichiamo qui le slides di alcuni contributi:

ProRiTiS: struttura e obiettivi del progetto a cura di Giulia Rellini

Il riconoscimento di titoli e qualifiche dei TPI: la normativa a cura di Daniela Branciaroli

Le esperienze sul territorio: prassi, criticità e proposte a cura di Laura Giacomello

Uno sguardo alla sperimentazione: difficoltà e prospettive dei TPI qualificati a cura di Lucia Tormen

Presentazione dello sportello A Pieno Titolo a cura di Juri Di Molfetta e Chiara Maugeri

lunedì 27 giugno 2011

Quando il medico parla arabo

Conferenza finale del progetto ProRiTiS

In Italia i titolari di protezione internazionale (TPI) – rifugiati politici, titolari di protezione sussidiaria, titolari di permesso per motivi umanitari – sono 55mila (UNHCR, 2009). I dati del Sistema di protezione per TPI ci informano che tra le persone in accoglienza, quasi una su tre è arrivata in Italia con un titolo di formazione superiore, una laurea (7%) o un diploma (24%). Eppure, il loro inserimento sociale e lavorativo nel paese appare ancora rispondere alla logica dell'integrazione subalterna, in posizioni occupazionali e retributive dequalificate e dequalificanti.

Come può oggi chi chiede e riceve asilo in Italia far valere le proprie qualifiche e cercare di costruirsi un percorso professionale adeguato al proprio bagaglio di studi e competenze? Come può dare seguito agli studi interrotti a causa delle guerre e delle persecuzioni che lo hanno indotto alla fuga? E come può l'Italia valorizzare le intelligenze, i saperi, le competenze dei titolari di protezione internazionale?

Il progetto ProRiTiS – Programma pilota sulle Procedure di Riconoscimento dei Titoli di Studio dei TPI, realizzato da Associazione Parsec, ASGI, Coop. CoGeS e Consorzio Nova – ha esplorato i percorsi, gli ostacoli, le potenzialità del sistema di riconoscimento dei titoli di studio per i TPI. E' stata condotta un'indagine nazionale, basata su 96 interviste a referenti dei Ministeri e delle Università, a operatori dei servizi territoriali e delle organizzazioni internazionali, e naturalmente agli stessi TPI, protagonisti di vicende burocratiche dalle tempistiche incerte e dall'esito mai garantito. E' stata analizzata la normativa italiana e internazionale, in cerca di proposte che rendano effettive le garanzie contenute nella Convenzione di Lisbona, che prevede per i TPI procedure che agevolino il riconoscimento “anche nei casi in cui i titoli di studio […] non possano essere comprovati da relativi documenti”. E' stata avviata una sperimentazione per il riconoscimento dei titoli, con il coinvolgimento di un gruppo di TPI desiderosi di impiegare le loro lauree e diplomi ottenuti nei paesi di origine per la formazione superiore o l'esercizio della professione.

E’ stato inoltre condotto un percorso di concertazione con diversi stakeholders - referenti di enti istituzionali e servizi coinvolti nella gestione delle procedure di riconoscimento di titoli e qualifiche - che ha portato alla elaborazione di una bozza di Protocollo di Intesa e alla progettazione di un sistema informativo, strumenti per la semplificazione amministrativa e gestionale delle procedure stesse.

Intorno a questo tema e ai risultati di ProRiTiS, il 30 giugno alle 14.30 a Palazzo Valentini interverranno Pier Paolo Savio del Ministero degli Affari Esteri, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Daniela Di Capua dello SPRAR, Carlo Finocchietti del CIMEA, Juri Di Molfetta e Chiara Maugeri del servizio “A Pieno Titolo” di Torino, e i responsabili delle attività di ricerca e intervento realizzate dal progetto: Giulia Rellini e Laura Giacomello dell'Associazione Parsec, Daniela Branciaroli dell'ASGI, Lucia Tormen della Cooperativa Coges. I lavori si apriranno con i saluti istituzionali dell'Assessore alle Politiche Sociali della Provincia di Roma, Claudio Cecchini.

L’incontro costituirà inoltre l’occasione di ragionare insieme sul tema dell’integrazione sociale e lavorativa dei TPI e sulle possibili azioni future che possano contribuire – sviluppando un approccio di rete – a raggiungere tale obiettivo, in un momento storico in cui sembra ragionevole ipotizzare un incremento delle richieste di protezione da parte di donne e uomini costretti a fuggire dalla propria terra d’origine (si pensi alle rivoluzioni in Egitto e nel Maghreb e soprattutto agli effetti che la guerra in Libia sta producendo sui flussi migratori che interessano il Mediterraneo) e che è al contempo caratterizzato da una crisi economica profonda nel paese di “accoglienza”. Appare infatti fondamentale, in questa fase storica, avviare un ragionamento strutturato e condiviso su quale modello di integrazione costruire in Italia, che sia capace di superare una logica emergenziale e assistenzialistica e che punti invece a valorizzare risorse e capacità strutturali, organizzative e dei singoli.

Quando il Medico Parla Arabo

Giovedì 30 giugno 2011

ore 14.30-19.00

Sala della Pace – Palazzo Valentini

Via IV Novembre 119/a Roma

venerdì 24 giugno 2011

Conferenza finale del progetto ProRiTis

Quando il Medico Parla Arabo
Il riconoscimento delle qualifiche dei titolari di protezione internazionale

Progetto ProRiTiS

Progetto co-finanziato dall’Unione Europea e
dal Ministero dell’Interno
Fondo Europeo per i Rifugiati - AP 2009 Azione 1.a

In Italia i titolari di protezione internazionale (TPI) – rifugiati politici, titolari di protezione sussidiaria, titolari di permesso per motivi umanitari – sono 55mila. Di questi, quasi 1 su 3 è arrivato in Italia con un titolo di formazione superiore, una laurea (7%) o un diploma (24%). Eppure, il loro inserimento sociale e lavorativo nel paese appare ancora rispondere alla logica dell'“integrazione subalterna”, in posizioni occupazionali e retributive dequalificate e dequalificanti.
Come può oggi chi chiede e riceve asilo in Italia far valere le proprie qualifiche e cercare di costruirsi un percorso professionale adeguato al proprio bagaglio di studi e competenze? Come può dare seguito al desiderio di proseguire gli studi interrotti a causa delle guerre e delle persecuzioni che lo hanno indotto alla fuga? E come può l'Italia valorizzare le intelligenze, i saperi, le competenze dei titolari di protezione internazionale?
ProRiTiS – Programma pilota sulle Procedure di Riconoscimento dei Titoli di Studio dei TPI, realizzato da Associazione Parsec, ASGI, Coop. CoGeS e Consorzio Nova – ha voluto esplorare i percorsi, gli ostacoli, le potenzialità del sistema di riconoscimento dei titoli di studio per i TPI. E' stata condotta un'indagine nazionale, basata su 96 interviste a referenti dei Ministeri e delle Università, a operatori dei servizi territoriali e delle organizzazioni internazionali, e naturalmente agli stessi TPI, protagonisti di vicende burocratiche dalle tempistiche incerte e dall'esito mai garantito. E' stata analizzata la normativa italiana e internazionale, in cerca di proposte che rendano effettive le garanzie contenute nella Convenzione di Lisbona, che prevede per i TPI procedure che agevolino il riconoscimento “anche nei casi in cui i titoli di studio [] non possano essere comprovati da relativi documenti”. E' stata avviata una sperimentazione per il riconoscimento dei titoli, con il coinvolgimento di un gruppo di TPI desiderosi di impiegare le loro lauree e diplomi ottenuti nei paesi di origine per la formazione superiore o l'esercizio della professione.
E’ stato inoltre condotto un percorso di concertazione con diversi stakeholders - referenti di enti istituzionali e servizi coinvolti nella gestione delle procedure di riconoscimento di titoli e qualifiche - che ha portato alla elaborazione di una bozza di Protocollo di Intesa e alla progettazione di un sistema informativo, strumenti per la semplificazione amministrativa e gestionale delle procedure stesse.

Intorno a questo tema e ai risultati di ProRiTiS, il 30 giugno alle 14.30 a Palazzo Valentini interverranno Pier Paolo Savio del Ministero degli Affari Esteri, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Daniela Di Capua dello SPRAR, Carlo Finocchietti del CIMEA, Juri Di Molfetta e Chiara Maugeri del servizio “A Pieno Titolo” di Torino, e i responsabili delle attività di ricerca e intervento realizzate dal progetto: Giulia Rellini e Laura Giacomello dell'Associazione Parsec, Daniela Branciaroli dell'ASGI, Lucia Tormen della Cooperativa Coges. Apriranno i lavori l'Assessore Claudio Cecchini e un rappresentante del Ministero dell'Interno.

L’incontro costituirà inoltre l’occasione di ragionare insieme sul tema dell’integrazione sociale e lavorativa dei TPI e sulle possibili azioni future che possano contribuire – sviluppando un approccio di rete – a raggiungere tale obiettivo, in un momento storico in cui sembra ragionevole ipotizzare un incremento delle richieste di protezione da parte di donne e uomini costretti a fuggire dalla propria terra d’origine (si pensi alle rivoluzioni in Egitto e nel Maghreb e soprattutto agli effetti che la guerra in Libia sta producendo sui flussi migratori che interessano il Mediterraneo) e che è al contempo caratterizzato da una crisi economica profonda nel paese di “accoglienza”. Appare infatti fondamentale, in questa fase storica, avviare un ragionamento strutturato e condiviso su quale modello di integrazione costruire in Italia, che sia capace di superare una logica emergenziale e assistenzialistica e che punti invece a valorizzare risorse e capacità strutturali, organizzative e di ciascun singolo.

Quando il Medico Parla Arabo
Giovedì 30 giugno 2011
ore 14.30-19.00
Sala della Pace – Palazzo Valentini
Via IV Novembre 119/a Roma

martedì 21 giugno 2011

Storia del Signor C, laureato in Agraria

Per il Signor C la priorità è “sistemarsi”*. Ancora ospite in un Centro di Accoglienza, vuole al più presto trovare casa e lavoro per potersi ricongiungere con la propria famiglia, la moglie e due figli che erano piccoli, quando si son visti l’ultima volta più di 3 anni fa.
Gli avevamo consigliato di procurarsi la Dichiarazione di Valore, della sua Laurea di Primo Livello in Agraria – sarà questa la denominazione italiana di quello che a voce ci ha detto di aver studiato? -
Così lui si era mosso in questo senso, attivando la propria rete nel Paese di origine, affinché qualcuno si recasse presso l’Ambasciata con il suo documento originale per richiedere la Dichiarazione di Valore. Un grave errore che non avremmo commesso se all’epoca avessimo saputo ciò che sappiamo ora: è molto più veloce, sicuro ed economico far spedire solo il titolo in originale, e poi richiedere la Dichiarazione di Valore tramite gli uffici del Ministero degli Affari Esteri. Purtroppo così ci siamo incagliati in spese eccessive e tempistiche poco prevedibili. Ci vogliono quasi due mesi prima che i documenti siano pronti. Ci spiega che la persona incaricata di seguire la pratica nel Paese di origine non abita vicino alla città dove risiede l’Ambasciata. E ciò allunga i tempi –e i costi? –
La semplice spedizione dei documenti presentati in loco tramite l’Ambasciata è una via che non può essere percorsa – avremmo dovuto farci spedire l’originale e poi richiedere la Dichiarazione di Valore tramite il MAE –
Il momento cruciale si avvicina. Allo stato attuale del percorso, il Signor C ha alle spalle una spesa di circa 300 euro, e sta per ricevere gli ambiti documenti. E’ ora quindi di domandarsi: “e poi?”.
Ci chiede se l’ipotesi di continuare a studiare sia realistica o meno. Una domanda alla quale non possiamo rispondere: i costi dell’iscrizione universitaria sono imprevedibili, chiedendo in questo periodo l’equipollenza, dovremmo sapere entro settembre quanti crediti formativi vengono decurtati dal programma di studio, o se può iscriversi direttamente ad una laurea magistrale. Il Master nel caso del Signor C è fuori discussione, a causa dei costi. Il riconoscimento del titolo gli serve per trovare un lavoro che gli serve per mantenere la sua famiglia ora che sta per chiedere il ricongiungimento, non può diventare una spesa troppo onerosa.
Il Signor C nel frattempo sta cercando una casa adatta ad ospitare 4 persone, dovrà reperire tutte le informazioni che riguardano la scuola, per i suoi figli. Durante l’ultimo colloquio confessa di riflettere, ultimamente, sull’opportunità di seguire un corso serale presso un Istituto Tecnico. Un Diploma, insomma, mi spiega con sguardo interrogativo. 

* Storia raccolta nell'ambito della sperimentazione di Venezia

La storia del Signor A, Ingegnere

Il Signor A ha le idee molto chiare rispetto al proprio futuro, o almeno rispetto a quello che può o non può ottenere con le proprie credenziali*. Laureato in Ingegneria, in Italia da quasi 2 anni, parla un buon italiano – che vantaggio – ed ha già sostenuto l’esame di Terza Media. Lavora, non nel proprio settore, ma gode di una certa tranquillità.
Nel periodo che ha trascorso in un Centro di accoglienza, si è dedicato all’apprendimento della lingua e alla richiesta nel proprio Paese di origine di alcuni documenti preziosi. Ha già con sé la Dichiarazione di Valore, l’elenco degli esami sostenuti in traduzione legalizzata, il certificato di Laurea in traduzione legalizzata, e 13 attestati giunti via fax che attestano la partecipazione a corsi di aggiornamento effettuati durante gli anni in cui ha lavorato. 11 di questi sono in inglese, 2 nella lingua madre. L’ottenimento di questi documenti gli è costato circa 300 euro. Ora dobbiamo farli fruttare.
Decidiamo insieme di procedere su 2 fronti: il primo riguarda la possibilità di vedersi riconosciuto il titolo professionale dal Ministero, il secondo richiedere l’equipollenza presso l’Università, e poi decidere se la parte integrativa che verrà proposta è sostenibile, oppure se è preferibile iscriversi direttamente ad un Master.
Il nostro viaggio parte a febbraio 2011. Ci richiede più o meno un mese di tempo, l’ottenere sia dal Ministero competente che dall’Università le informazioni dettagliate che ci servono per verificare la completezza dei documenti. E questo perché dobbiamo incrociare le disponibilità, a livello di tempi e orari, degli organi interpellati e dell’interessato. Poi c’è il tempo tecnico che può servire ad una persona che padroneggia l’italiano standard ma non quello legato alla burocrazia, per decifrare le risposte ottenute, districarsi nel mare di documenti richiesti, capire ad esempio presso un tribunale se il certificato penale richiesto è l’atto notorio, se il fatto che valga per l’Italia e non per il Paese di origine è un problema. Il certificato penale serve per richiedere il riconoscimento professionale, dovrebbe essere rilasciato dall’autorità competente nel Paese in cui è stato acquisito il titolo professionale. Certo per un Rifugiato Politico sarebbe una richiesta contraddittoria…
Allo stato attuale del nostro viaggio, attendiamo dal Paese di origine un documento che attesti che il Signor A ha lavorato per più di due anni per l’azienda XX, e con quali mansioni. Dei 13 attestati, poiché non è in possesso degli originali, azzarderemo una traduzione, che non potremo autenticare e che quindi avrà valore informativo – avrà valore? – e che allegheremo alla domanda. L’impressione in alcuni momenti è di giocare una partita senza conoscere bene le regole del gioco. “Ogni caso è a sé” è una delle risposte che riceviamo più frequentemente, quando cerchiamo di capire se ha senso spedire dei documenti in fotocopia con una traduzione casalinga.
Per quanto riguarda la richiesta di equipollenza, la domanda è stata inoltrata all’Università. Manca la descrizione dei programmi dei vari corsi, stiamo pensando a come fare per ottenere un documento che spesso nelle università extra Europee non esiste.
Il Signor A nel frattempo lavora, fa un lavoro che non ha nulla a che vedere con l’ingegneria, lavora con la mediazione. E riflette. Forse un Master potrebbe essere più qualificante e semplice da seguire. Un preventivo delle spese universitarie è impossibile, si saprà solo dopo l’eventuale iscrizione a quanto ammonta la spesa annuale.
Nel frattempo il Signor A ha cambiato città, forse nella nuova città troverà altre opportunità, ancora una volta completamente diverse da quello che stava cercando.

* Storia raccolta nell'ambito della sperimentazione di Venezia